Il cervello di Einstein era superconnesso: “Il segreto del genio nel legame degli emisferi”

   Uno studio torna a indagare le origini biologiche della brillante intelligenza dello scienziato: il corpo calloso, la lamina di fibre che collega parte destra e sinistra consentendo l’uniformità del ragionamento, era più spesso della media. Come se, nel padre della relatività, il lato creativo e quello analitico comunicassero meglio e in maniera più virtuosa

PLOTONI di luminari si affannano da decenni per scoprire il segreto di Albert Einstein. Per scovare cioè la chiave della sua brillante intelligenza, che lo ha condotto a svelare i meccanismi reconditi dello spazio e del tempo. Lo fanno sulla base di una serie di immagini del cervello, alcune delle quali realizzate in fretta e furia il 18 aprile 1955 dal patologo Thomas Harvey, il patologo che eseguì l’autopsia al Princeton Hospital, dopo la morte. Ora un’altra ricerca, molto più affascinante, torna a indagare gli enigmi del padre della relatività.

Una indagine pubblicata su Brain, punta  sugli emisferi: secondo un team internazionale capitanato da Weiwei Men della East China Normal University di Shanghai, il cervello dello scienziato tedesco naturalizzato statunitense sarebbe stato clamorosamente iperconnesso.

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O meglio, le due parti in cui si divide il cervello – che presentano notevoli differenze funzionali – sarebbero state collegate in modo non usuale.

Per condurre la ricerca Weiwei e colleghi – fra cui Tao Sun della Washington University School of Medicine – hanno sfruttato 14 scatti fotografici inediti in alta risoluzione presi da diverse angolazioni. Due, in particolare, sono alla base delle scoperte. Sotto la lente è dunque finito lo spessore del cosiddetto corpo calloso. Di cosa si tratta? Dell’importante lamina interposta appunto tra i due emisferi cerebrali che collega tra loro aree corrispondenti nelle due metà. Serve a dare uniformità all’informazione elaborata in maniera diversa da ciascun emisfero. È esclusivamente grazie a quel ponte fibroso che i due aspetti del cervello, quello creativo e razionale, il cervello poeta e quello ingegnere, riescono a comunicare. Partorendo un unico risultato. A quanto pare gli scienziati hanno scoperto che il corpo calloso di era più spesso in diverse zone. Soprattutto se comparato con la stessa struttura in due gruppi di controllo composti da 15 maschi più anziani e 52 più giovani nel 1905. Quello, come noto, fu il cosiddetto annus mirabilis: il 26enne Einstein pubblicò sei lavori che avrebbero gettato le basi per la rivoluzione della fisica moderna. Dalla teoria dei quanti di Planck a quella della relatività ristretta, che anticipò di un decennio quella generale. L’accentuato spessore indica una maggiore interconnessione fra i due emisferi che, secondo i ricercatori, sarebbe all’origine della sua brillante attività accademica e scientifica.

La tecnica sviluppata dal team sino-statunitense “misura e codifica il cambiamento di spessore del corpo calloso per tutta la sua lunghezza, dove i nervi passano da una parte del cervello all’altra – hanno spiegato dalla Florida State University, dove lavora Falk – questi livelli di spessore indicano il numero di connessioni che attraversano le due parti e quindi quanto sono collegati i due emisferi in queste regioni, aree che facilitano funzioni diverse a seconda di dov’è situata l’abbondanza di fibre”. Insomma, questa sintonia fra il lato destro – fantasioso, immaginifico ed emotivo – e quello sinistro – analitico, calcolatore e razionale – del cervello sarebbe alla base della fervida intelligenza di Albert Einstein. Rimane da appurare se questa spiccata comunicazione fosse un dono di natura o si sia è sviluppata col lavoro intellettuale.